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Fast Fashion, Fast Pollution: l'impatto ambientale dell'industria tessile.

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30/10/2021

Fast Fashion, Fast Pollution: l'impatto ambientale dell'industria tessile.

(Riportiamo di seguito l'articolo scritto da Francesca Martella su alvearia.net il 18-03-2021. in fondo riportiamo il link all'articolo pubblicato).

A partire dagli anni ’90 del XX secolo, un nuovo modo di acquistare prodotti di abbigliamento, veloce ed economico, si è diffuso nel mondo globalizzato: tale fenomeno ha spinto i consumatori a preferire l’acquisto di più capi d’abbigliamento a un costo minore. L’industria della moda ha individuato nella diffusione del fast fashion la risposta a un’esigenza di mercato; il McKinsey Global Fashion Index (MGFI), che illustra nel suo report annuale le nuove priorità dei consumatori, descrive i loro comportamenti di acquisto, come impulsivi e impazienti e caratterizzati da un acquisto veloce e istantaneo di ciò che si desidera.

Il modello di business del Fast Fashion

Il modello di business del fast fashion è fondato su due pilastri fondamentali: l’acquisto ricorrente e l’acquisto d’impulso. L’obiettivo di questo settore industriale è produrre in modo rapido un prodotto economicamente efficiente per rispondere ai gusti dei consumatori in continua evoluzione e lanciare nuove tendenze, quasi in tempo reale.
Il principale motore del fast fashion è il marketing, poiché stimola il desiderio nei confronti delle nuove creazioni, ottenute in tempi molto rapidi. La promozione di una moda velocea basso prezzo e “usa e getta” ha provocato l’aumento dell’acquisto di abiti e, di conseguenza, anche l’aumento della produzione tessile, portando a raddoppiare negli ultimi 30 anni la quota di abiti pro-capite, cioè da 5,9 kg a 13 kg. Ogni anno nel mondo sono prodotti 100 miliardi di capi di abbigliamento, con un consumo al 2020 di 62 milioni l’anno: il dato raggiungerà entro il 2030 i 102 milioni.
tre fattori cruciali che contraddistinguono il mercato dell’abbigliamento low cost riguardano principalmente i tempi di mercato, che devono essere i più brevi possibili; i costi, che devono essere ridotti grazie allo sfruttamento dei prezzi più bassi dei mercati nei paesi in via di sviluppo; e il ciclo di acquisto, che deve essere breve e pratico.
I numeri dell’impatto ambientale dell’industria tessile
L’impatto che l’industria tessile ha sull’ambiente è ingente e caratterizzato, almeno fino a oggi, da una costante crescita dei numeri e delle statistiche al riguardo. La grande produzione di vestiti fa sì che si consumino 1.500 miliardi di litri d’acqua l’anno e si producano 92 tonnellate di rifiuti (i prodotti dell’industria tessile occupano il 5% delle discariche globali).
Il settore della moda è responsabile del 10% dell’inquinamento del pianeta, aggiudicandosi il secondo posto come settore più inquinante del mondo. Oltre alle 92 tonnellate di rifiuti prodotti, il settore provoca danni ambientali duraturi a ecosistemi acquatici, terrestri e atmosferici conseguentemente al rilascio di gas serra (emissioni di biossido di carbonio), di pesticidi e coloranti e scarico di effluenti, contenti sia coloranti che soluzioni caustiche.

Moda e sostenibilità: l’orientamento dei giovani

Negli ultimi anni, si sono diffusi in tutto il mondo ideali ambientalisti soprattutto tra i più giovani. Secondo quanto emerge da una recente ricerca dell’Istituto Universitario Salesiano di Venezia (Iusve) – condotta da Demetra, che ha coinvolto nel sondaggio circa 3.300 giovani nell’ambito del progetto “Ecologia integrale e nuovi stili di vita” – tra i ragazzi (dai 14 ai 18 anni) e i giovani adulti italiani (tra i 19 e i 29 anni) nove su dieci fanno la raccolta differenziata, cercano di sprecare meno cibo possibile e spengono la luce prima di uscire di casa. Anche nell’acquisto dei capi di abbigliamento, i giovani consumatori sono più propensi a sostenere piccoli rivenditori locali oppure brand che rispettano e aiutano l’ambiente. Sono, quindi, una generazione “attenta agli stili di vita consapevoli”.
Questo trend è stato individuato anche dal McKinsey Global Fashion Index, che, nonostante parli di consumatore “now or never”, pone l’accento sui comportamenti dei giovani che hanno decretato la fine del possesso, poiché non hanno più l’esigenza di disporre dei propri capi per un tempo illimitato, e hanno permesso la diffusione di una maggiore sensibilità verso le aziende che rispettano i criteri di sostenibilità produttiva, protezione dell’ambiente e inclusione. Quali sono le scelte intraprese dalle aziende del fast fashion alla luce del cambiamento nei comportamenti di acquisto dei giovani?

Dudie e la moda

la filosofia di Dudie è incentrata sullo low fashion, rispetto dell'ambiente e del lavoro delle persone. Il motore che guida la moda di Dudie è quello del made to order e il just in time: produzione tempestiva dei capi acquistati.In questo modo si hanno capi personalizzati che soddisfano veramente le esigenze dell'acquirente, mentre dal lato dell'offerta non si hanno scaffali colmi di prodotti invenduti per la produzione dei quali sono state spese energie e risorse quindi inquinamento.


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